Fusione dei Comuni, ripartizione fondi 2019

Qualche anno addietro i comuni erano 8.100. Ad oggi essi ammontano a 7.914, essendo diminuiti di 186 unità a seguito dell’attivazione dei processi di fusione tra enti locali che hanno coinvolto comuni di piccola, media e grande entità demografica, come nel caso della fusione realizzatasi in Calabria, attraverso la quale è stato istituito il nuovo comune di Corigliano-Rossano di circa ottantamila abitanti, in provincia di Cosenza. Un ruolo importante per lo sviluppo dell’istituto della fusione di comuni lo ha svolto lo Stato (ma anche le Regioni a dire il vero) attraverso la messa a disposizione di importanti strumenti d’incentivazione finanziaria per l’aggregazione dei comuni. In pratica, ai comuni che si fondevano veniva garantito lo stesso gettito erariale che veniva attribuito ai comuni singoli, ai quali si aggiungeva un contributo straordinario, pari al sessanta per cento dei trasferimenti erariali 2010, per un massimo di dieci anni e per un massimo di due milioni di euro l’anno. Si aggiunga che l’apposito decreto del ministero dell’interno, avente ad oggetto «Modalità, criteri e termini per il riparto e l’attribuzione dei contributi spettanti ai comuni facenti parte delle fusioni di comuni», dispone che « la quantificazione del contributo annuale, che deriva dai fondi erariali stanziati e dal numero degli enti che ogni anno ne hanno diritto, sarà assicurata nel limite massimo dei richiamati fondi. Qualora le richieste di contributo erariale determinato nelle modalità normative richiamate risultino superiori al fondo stanziato, nella determinazione del trasferimento erariale viene data priorità alle fusioni o incorporazioni aventi maggiori anzianità, assegnando un coefficiente di maggiorazione del 4% per le fusioni con anzianità di contributo di un anno, incrementato del 4% per ogni anno di anzianità. Diversamente, nel caso che le richieste di contributo erariale risultino inferiori al fondo stanziato, le disponibilità eccedenti sono ripartite a favore degli stessi enti, in base alla popolazione e al numero dei comuni originari».

La normativa vigente, dunque, è chiara; i contributi per la fusione di comuni hanno dei limiti, a suo tempo previsti dal legislatore (che non ha affatto cambiato le regole giuridiche in corso d’opera); ma essi sono direttamente proporzionali agli stanziamenti previsti nel bilancio dello Stato. Ed è proprio questo il punto controverso. Il ministero dell’interno nell’erogazione dei contributi per il 2019 ai comuni fusi non ha adeguato la dotazione finanziaria all’accresciuto numero delle fusioni, determinando come effetto un taglio considerevole ai finanziamenti che i comuni fusi si attendevano in termini di contribuzione straordinaria decennale. Lo scorso anno lo Stato aveva messo a disposizione 47.549.370,00 euro più 1.107.729,39 euro, a fronte di 67 fusioni realizzatesi. Nel 2019 il ministero dell’interno ha messo a disposizione 46.549.370,00 euro, a fronte di 94 fusioni complessivamente attivate, non incrementando la disponibilità finanziaria, che avrebbe dovuto, invece, tenere conto delle nuove 27 fusioni attivate, determinato come conseguenza una decisa sforbiciata ai trasferimenti attesi dai comuni e mettendo in seria difficoltà gli amministratori comunali che avevano confidato sulla certezza del dovuto, anche sula base del fatto che fino al 2018 i patti governo-enti locali erano stati sempre rispettati in tema di fusione di comuni. Eppure, l’ex ministro dell’economia Padoan, aveva previsto tutto ciò, atteso che in sede di redazione della legge di bilancio 2019 aveva presentato un emendamento con il quale chiedeva l’aumento della dotazione finanziaria per la fusione di comuni; emendamento bocciato, ovviamente.

Ciò detto, il governo Gentiloni, con il D.L. n. 50/2017 aveva disposto nell’ambito del «Fondo di solidarietà comunale» la costituzione di un accantonamento di 25 milioni di euro che a decorrere dal 2022 sarà destinato ad incremento delle risorse destinate all’erogazione del contributo straordinario previsto per i comuni che danno luogo alla fusione, o alla fusione per incorporazione (fino a tale data, l’accantonamento viene, invece, destinato ai comuni che, a seguito dell’applicazione dei criteri perequativi di ripartizione delle risorse del Fondo medesimo, presentino un differenziale negativo tra la dotazione netta delle risorse ad essi attribuite rispetto all’ammontare delle risorse storiche di riferimento). A questo punto occorre fare in modo che il ministero dell’interno riveda quanto fatto finora con riguardo ai contributi 2019 e incrementi (cosa possibile) la dotazione finanziaria a disposizione, perché la fusione di comuni, a mio avviso s’intende, è utile non solo agli enti locali territoriali interessati, ma anche allo Stato. Nel frattempo, è inevitabile che vi sia negli amministratori e nelle comunità che hanno creduto nella fusione di comuni una buona dose di preoccupazione, come nel caso del nuovo comune di Presicce-Acquarica, istituito a partire dal 15 maggio 2019 con legge regionale n. 2/2019 o come nel caso dei sindaci dei comuni del nord Salento, Campi Salentina, Squinzano e Trepuzzi, i cui comuni hanno appena concluso lo studio di fattibilità, teso alla loro possibile fusione istitutiva di un comune di circa quarantamila abitanti; anche se sono in molti a ritenere che i giochi non siano da ritenere conclusi.

Redazione

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